Carcere, questo sconosciuto: novanta studenti a lezione di legalità con l’associazione Jabar

L’educazione civica non è mai stata così importante come in questo periodo, nel quale stanno crescendo non soltanto i casi di disagio giovanile, ma anche le loro degenerazioni in episodi di illegalità e violenza contro cose e persone. A fine novembre l’associazione bellunese Jabar è tornata a proporre, per il quarto anno consecutivo, il suo percorso di formazione in classe “A scuola di libertà” dedicato ai temi del carcere e all’educazione alla legalità, che quest’anno è già potuto entrare in quattro istituti superiori della provincia per parlare a una novantina di studenti, grazie alla formula della didattica a distanza e alla sensibilità di cinque docenti referenti.


Sabato 13 e sabato 20 febbraio i volontari dell’associazione hanno incontrato virtualmente una trentina di studenti delle classi terza e quarta del liceo artistico dell’omnicomprensivo Val Boite di Cortina d’Ampezzo grazie all’interessamento dell’insegnante Nadia Codarin, mentre sabato 13 e sabato 20 marzo è stata la volta di confrontarsi, assieme all’associazione nazionale Antigone, con una trentina di ragazzi del triennio del liceo linguistico Cadore, dopo un percorso di avvicinamento ai temi dell’ergastolo e della pena di morte condotto dalle professoresse Sara Casal e Cecilia Fop nelle rispettive classi. Nella fattispecie, la terza sta approfondendo “Il valore della trasparenza nei rapporti umani”, la quarta “La valorizzazione delle differenze: educazione alla diversità” e la quinta “Il diritto alla vita, la questione carceraria e la pena di morte”.

A rappresentare l’associazione bellunese Elisa Corrà (presidente), Lino Di Sano (vicepresidente), Giulia Deon e Francesca Valente (consigliere), Souley Seydou Souleymane e Michele Zancanaro (volontari), che nei loro interventi hanno toccato i temi più svariati, dalla condizione delle persone recluse a Baldenich ai numeri della detenzione in Italia, passando per le attività che l’associazione conduce nel territorio, fortemente compresse a causa della pandemia da nuovo coronavirus. In entrambi i percorsi, la quasi totalità degli alunni ha ammesso di non sapere che in provincia di Belluno ci fosse un carcere: la gran parte delle loro conoscenze sono falsate da ciò che vedono in televisione e nelle serie tv, da stereotipi e luoghi comuni.

«Un grazie sentito all’associazione Jabar per la bella occasione ricca di spunti umani e di contenuto», sottolinea Codarin, «con l’augurio che possa continuare con profitto la sua attività, tornando presto ad operare fattivamente anche in carcere una volta passata l’emergenza Covid».

Proprio dal suo istituto sono arrivate anche le prime testimonianze di alcune studentesse: «L’incontro è stato molto interessante», scrive Verena, «ho capito quanto sia bella la libertà e quanto dobbiamo proteggerla. Più di tutti mi ha colpito l’incontro con un ex detenuto: di solito la prima cosa che ci viene in mente quando pensiamo a una persona che ha trascorso un periodo dietro le sbarre è che sia aggressiva o pericolosa, ma conoscendolo e ascoltando la sua storia mi sono resa conto che è una persona molto genuina, anche simpatica». «È molto bello che queste associazioni aiutino queste persone a cambiare loro stesse in meglio, così poi da iniziare una nuova vita», sottolinea Monica, «mi sono piaciuti molto i video che ci hanno fatto vedere la situazione delle carceri in Italia. Noi stando in questo periodo “chiusi in casa” stiamo capendo l’importanza di cose che prima pensavamo fossero normali, come anche una semplice passeggiata, il riscaldamento, trovare in tavola il cibo che preferiamo». «È stato interessante vedere come le associazioni si prendono cura dei detenuti, aiutandoli a migliorare la propria vita», conclude Gaia, «spero molto presto di poterne visitare una di persona, magari con la mia classe». In periodi normali l’associazione organizzava anche un incontro finale a Baldenich con la direzione, il comandante della polizia penitenziaria e uno o due ospiti della struttura. Ma nell’ultimo anno questo non è stato possibile, per ovvi motivi.


L’8 marzo la presidente dell’associazione ha incontrato la redazione scolastica del liceo Lollino di Belluno formata da Eleonora Triches, Margherita Scintu, Sara Langher, Nancy Yu Han Nan, Valentina Calore, Benedetta De Bortoli, Gaia Bianchet e Arianna Rampino, per parlare anche dell’attività editoriale che Jabar svolge all’interno del carcere di Belluno e che è confluita nella realizzazione e pubblicazione di ben sei edizioni della rivista “Sconfinamenti”. Le studentesse hanno condiviso con Corrà questo pensiero: «Essere privati della propria libertà e del proprio tempo è già la pena più grande che una persona detenuta possa scontare: forse abbiamo trovato almeno un po’ di empatia verso di loro in questo periodo particolare, durante il quale anche noi, persone “non detenute” ci siamo sentite ristrette e “condannate ai domiciliari”».

La scuola ha deciso di partire dal tema del carcere per avviare corso di “Tecniche dell’informazione”. Le studentesse hanno accettato la sfida di realizzare un lavoro giornalistico sul tema del che, come tanti altri , è stato inevitabilmente eclissato, in questi mesi, dall’emergenza Covid-19. Il corso punta a fornire gli strumenti per diventare analisti attenti della realtà, utilizzare i social network in modo corretto, scrivere un articolo, realizzare un servizio televisivo o radiofonico.

L’ultimo incontro si è svolto mercoledì 31 marzo al liceo Da Vinci di Belluno, dove Valente e Souleymane si sono confrontati con 25 studenti delle classi quinte, indirizzi sportivo e artistico. A coordinare l’incontro, che è stato molto partecipato e ricco di domande e curiosità da parte dei ragazzi, la docente Deon.

I volontari hanno guidato i ragazzi alla scoperta delle difficoltà, delle numerose contraddizioni ma anche degli aspetti umani legati al mondo del carcere, bellunese ma anche italiano: sovraffollamento, inadeguatezza di molti istituti, promiscuità degli ambienti, possibilità o meno di recupero e reinserimento in società, lavoro e studio, famiglia e affettività.


A scuola di Libertà è un progetto nazionale ideato da Ristretti Orizzonti e promosso dalla Conferenza nazionale Volontariato e giustizia per portare e parlare di carcere in classe.