Dal Cadore – Umanità, attenzione e considerazione per “tornare sulla strada giusta”

di Karen Miglioli Quinz, terza liceo linguistico Cadore

 

Gli incontri con le due associazioni Antigone e Jabar hanno messo in luce e mi hanno fatto riflettere soprattutto sul punto di vista prettamente umano, all’interno di un contesto molto difficile quale il carcere.

Ho capito che la finalità delle carceri è rieducativa e ambisce, dunque, alla reintegrazione sociale dei detenuti,

come affermava già Platone nel IV secolo a.C., quando parlava delle pene come mezzo per riportare l’uomo sulla via corretta, per poi occupare il giusto posto nella società. La detenzione ha, inoltre, una funzione riabilitativa, infatti, mira alla cura del detenuto e alla sua istruzione e alfabetizzazione, come nel caso di detenuti stranieri.

Però, proseguendo con l’incontro, ho anche percepito che, purtroppo, non è sempre così.

Molto spesso le strutture non sono dotate dei mezzi necessari per fare sì che il percorso di reinserimento nella società vada a buon fine.

Troppo spesso mancano laboratori, corsi, campi sportivi, zone verdi, apparecchi informatici e biblioteche.

Come sappiamo, la cultura si trova alla base della rieducazione, ma anche la formazione lavorativa, eppure, anche in questo campo, non appare sempre presente un vero e proprio insegnamento, bensì piccole mansioni, aventi come scopo ultimo il solo, per così dire, “riempimento” della giornata.
Il fatto che il soggiorno in carcere non debba essere simile ad uno in un villaggio turistico è certo, ma, allo stesso tempo, è necessario poter contare su mezzi, che possano portare alla riabilitazione delle persone, che vi sono rinchiuse, perché loro non rappresentano, o perlomeno non solo, la criminalità, bensì persone, a cui va concessa una seconda possibilità, dato che, prima o poi, tutti ritorneranno all’interno della società. Ciò va inteso nell’interesse non solo dei singoli, ma anche della collettività, che potrà così giovare da chi, in passato, ha sbagliato e si è scontrato con essa, ma che ora, grazie a un carcere più giusto e più riabilitativo, può restituire ciò che ha ricevuto e di cui ogni uomo, qualsiasi cosa abbia commesso, ha diritto: il rispetto della propria dignità e di appartenere alla comunità.

Il risveglio del senso civico di ognungo di noi, potrà portare ad un miglioramento complessivo della società e insegnerà a conoscere le persone, i loro problemi, i loro passati e le loro esistenze, spesso difficili e duri, prima di giudicare. L’ospite, nonché ex-detenuto, infine, ha affermato che “La legge non ammette ignoranza”, ciò lo ha portato, con le sue conoscenze e nei suoi riconosciuti limiti, ad aiutare gli altri, soprattutto gli stranieri, nelle questioni e in cui essi avevano più bisogno, cioè quelle più giuridiche e complicate, perché si era convinto, che con l’istruzione e la conoscenza sarebbe migliorata la loro vita, non solo in carcere, ma anche una volta ottenuta la libertà.

Credo, che questo dovrebbe essere il maggiore obiettivo, a cui tutti dovrebbero aspirare; sia chi è in grado di poter aiutare e sia chi ha bisogno di questo aiuto, in un esempio di buone azioni a catena, che porterebbe, di conseguenza, a qualcosa di buono. Questo mi ha fatto molto riflettere, sul giudicare le persone, senza un minimo di approfondimento e di ascolto, come spesso siamo abituati a fare, giudicando dalle apparenze e circostanze esterne, che spesso però ingannano. I proverbi “l’abito non fa il monaco” oppure “mai giudicare un libro dalla copertina”, mi sembrano quanto mai appropriati in questo caso.

Un’altra frase dell’ex detenuto che mi ha colpita è stata “L’umanità prevale sulla paura in carcere”, disse questa frase rispondendo ad una domanda fattagli riguardo al rapporto con gli altri detenuti, spiegando come, a volte, i compagni si aiutavano e come anche le guardie si dimostravano comprensive e vicine, in quanto tutti, chi nell’orario di lavoro e chi per un periodo più esteso di tempo, perché costretti da quanto fatto e dai propri errori, vivessero nelle stesse o simili condizioni di vita.

Ciò mi ha confermato, quanto sia vera l’affermazione, per cui tutti gli uomini sono uguali e che solo le circostanze, la sfortuna, le condizoni di vita, il benessere o la povertà, possono a volte far sì che alcune persone si pongano dalla parte sbagliata, ma che in fondo il capitale umano è sempre quello. Credo, in conclusione, che l’animo umano possa modificarsi, se considerato e trattato con il cuore, insieme alla legge senz’altro, ma l’umanità, l’attenzione e la considerazione possono dare quel qualcosa in più che possa correggere, riabilitare e riportare sulla strada giusta, anche i peggiori criminali. Il carcere potrebbe, anzi dovrebbe, essere il luogo dove maggiormente si realizzi ciò.